Gianni Berengo Gardin L’occhio come mestiere
Al Maxxi – Gianni Berengo Gardin – L’occhio come mestiere, l’uomo e il suo spazio sociale nella natura concreta e analogica del maestro della fotografia di reportage e indagine sociale.
Il racconto si snoda lungo un percorso di oltre 150 fotografie, tra le più celebri, le meno conosciute, fino a quelle inedite: un patrimonio visivo unico, dal dopoguerra a oggi, caratterizzato dalla coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” alla pratica fotografica.
Dalla Venezia delle prime immagini alla Milano dell’industria, degli intellettuali, delle lotte operaie; dai luoghi del lavoro (i reportage realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli, e soprattutto Olivetti) a quelli della vita quotidiana; dagli ospedali psichiatrici (con Morire di classe del 1968), all’universo degli zingari; dai tanti piccoli borghi rurali alle grandi città; dall’Aquila colpita dal terremoto al MAXXI in costruzione fotografato nel 2009.
Attraverso un percorso fluido e non cronologico, la mostra “Gianni Berengo Gardin L’occhio come mestiere” offre una riflessione sui caratteri peculiari della ricerca di Berengo Gardin: la centralità dell’uomo e della sua collocazione nello spazio sociale; la natura concretamente ma anche poeticamente analogica della sua “vera” fotografia (non tagliata, non manipolata); la potenza e la specificità del suo modo di costruire la sequenza narrativa, che non lascia spazio a semplici descrizioni dello spazio ma costruisce naturalmente storie.
L’occhio come mestiere, celebre libro del 1970 curato da Cesare Colombo, raccoglieva un’antologia di immagini di Gianni Berengo Gardin e testimoniava l’importanza del suo sguardo, del suo metodo e del suo mestiere, per riuscire a narrare il suo tempo attraverso le immagini. La mostra parte da quello stesso titolo per proporre ora un nuovo racconto visivo di Berengo Gardin, dedicato all’Italia e composto da oltre 200 fotografie, alcune celebri, altre poco viste, altre ancora inedite, molte vintage stampate dall’autore.
Maestro del bianco e nero, Berengo Gardin ha costruito in quasi settant’anni di carriera un patrimonio visivo unico dell’Italia dal dopoguerra a oggi, caratterizzato da una grande coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” alla pratica fotografica.
Il percorso di mostra, introdotto sulle scale dall’intervento dell’artista Martina Vanda, si sviluppa come una sequenza narrativa continua in cui a costruire “il filo del discorso” sono proprio gli aspetti peculiari della ricerca visiva di Berengo Gardin: la costanza nel modo di guardare la realtà, capace di creare richiami e risonanze che vanno al di là del soggetto e del tempo specifico; l’approccio narrativo e non meramente descrittivo delle sue fotografie; l’adesione impegnata a una concezione della fotografia intesa come documento, eppure puntellata da dettagli spiazzanti e ironici.
Immagini: Gianni Berengo Gardin, Treno Roma-Milano, 1991, (c) Gianni Berengo Gardin/ Courtesy Fondazione Forma per la fotografia, Milano