Giovanni Di Stefano. Errori Significanti
Alla Galleria 1/9unosunove inaugura Giovanni Di Stefano Errori Significanti Opere dal 1983 al 2022, difficile comprendere l’evoluzione della quarantennale ricerca artistica di Giovanni Di Stefano (Roma, 1958) senza leggere le sue opere come veri e propri esperimenti interattivi, che prima di avere un valore estetico hanno una dichiarata valenza scientifica. Questa impronta, che lo ricollega direttamente alla Teoria Eventualista, è chiara fin dai suoi esordi e resta una chiave di lettura valida per tutta la sua produzione, di cui la mostra offre una panoramica antologica.
Nel 1982, quando era un ventiquattrenne studente di pittura dell’Accademia di Belli Arti, Di Stefano entra a far parte del Centro Studi Jartrakor – fondato a Roma nel 1977 da Sergio Lombardo, Anna Homberg e Cesare Pietroiusti – e dimostra fin da subito di aderire ai principi dell’Eventualismo. Ne sono testimonianza i suoi Esperimenti di pittura cieca dei primi anni Ottanta, di cui un’ampia selezione apre il percorso espositivo. In queste opere la realizzazione materiale veniva delegata dall’artista a un esecutore altro che doveva, con gli occhi bendati, ricoprire (a pennarello o a grafite) la superficie di una forma geometrica semplice (un cerchio o un quadrato, disegnati su cartoncino) in un lasso di tempo determinato. Come un vero scienziato, Di Stefano forniva il materiale e le regole dell’esperimento, lo osservava e ne studiava poi i risultati, cercando eventuali corrispondenze tra il risultato estetico e la personalità dell’esecutore. Altre volte gli capitava di prendere parte in prima persona agli esperimenti di pittura cieca, come nell’evento tenutosi a Jartrakor il 13 gennaio 1984: qui l’artista intervenne, con un bastoncino di grafite e una benda sugli occhi, su un cerchio disegnato su un grande foglio di cartoncino (270 x 270 cm) fissato a terra, inscenando una vera e propria azione performativa, durata un’ora e quarantacinque minuti, di cui l’opera ha assorbito tutti i segni “corporei”.
La deprivazione visiva continua a interessarlo per tutti gli anni Ottanta e, nel decennio successivo, Di Stefano intraprende un nuovo percorso di ricerca sul tema, con cui prova a distaccarsi dall’aspetto materico della grafite per avvicinarsi a materiali più freddi, come il laser, usato fin dai primi anni Novanta nella realizzazione di particolari foto-grafie nate senza alcuna volontà espressiva. In tutte queste opere, come quella modulare del 2002 esposta in mostra, l’esecutore lavorava in una stanza buia “disegnando” con un raggio laser su un foglio di carta fotosensibile. Ciò avveniva in maniera inconsapevole, poiché il segno tracciato con il laser non risulta visibile prima che la carta fotografica venga immersa nel liquido rivelatore: come negli altri esperimenti citati in precedenza, l’esecutore, pur consapevole delle proprie azioni fisiche, non aveva la possibilità di verificare immediatamente il risultato del proprio agire.
1/9unosunove – Giovanni Di Stefano – Errori Significanti Opere dal 1983 al 2022