POV (You’re my leftovers and I am happy to see you) Catherine Biocca
POV (You’re my leftovers and I am happy to see you) Catherine Biocca a cura di Lorenzo Benedetti alla Fondazione Volume.
Pensare di rintracciare le esperienze passate nella profondità della nostra mente è pura illusione, non c’è nulla da rintracciare, non esiste nessuna profondità mentale da cercare. Inventiamo interpretazioni di noi stessi e degli altri, dei nostri ricordi, a partire dalle percezioni del momento. L’introspezione non è percezione ma invenzione. La nostra mente improvvisa, decide ogni cosa con rapidità eccezionale. L’importante è rendere pensieri e comportamento coerenti.
Siamo animali progettati per creare nuovi mondi in funzione di ciò che percepiamo ma, soprattutto, siamo “animali narranti”, creatori di storie in grado di plasmare la nostra identità, il nostro carattere e la nostra concezione del mondo.
VOLUME! è, sin dalla sua nascita, qualcosa di anormale, di non comune. Non tanto per quella che, apparentemente, è stata la sua caratteristica principale (permettere a ogni singolo artista di modificare in totale libertà lo spazio), quanto per quella ricercata sequenza narrativa, una vera e propria struttura, fatta di interventi di volta in volta diversi, pensati per creare una concatenazione di impressioni e di emozioni in dialogo tra loro.
In questa particolare fase storica, abbiamo deciso di modificare nuovamente il progetto e trasformare VOLUME! in uno spazio duale, una casa densa di ambiguità. Tramite una porta in legno su via di San Francesco di Sales si accede infatti a un ambiente caratterizzato da un colore non colore che invade le pareti, il pavimento e il soffitto. L’ambiente è pensato come una sorta di misteriosa sala d’attesa, uno spazio allo stesso tempo familiare e straniante, capace di variare nel tempo seppure in maniera impercettibile. Questo spazio diventa così una pausa necessaria tra il mondo esterno e il contatto con l’opera vera e propria che sarà realizzata dall’artista invitato. Quest’ultima potrà essere vista solo accedendo a un secondo ambiente, dopo che al visitatore sarà stato accordato il permesso di entrare. Nello spazio dedicato all’attesa l’artista non presenterà un intervento istallativo canonico, ma la creazione di un’atmosfera, di un momento di passaggio che possa ricucire una narrazione tra il mondo esterno e l’intervento pensato per il secondo spazio. Questo ambiente, privo di ogni riferimento spaziale, è progettato (su indicazione di Michele De Lucchi) per far vivere a ciascuno una personale esperienza percettiva, un momento di riflessione e di intimità con l’opera. Inevitabilmente si creerà una narrazione tra interno ed esterno: un’attesa attiva e un’immersione contemplativa. Viviamo in un momento storico fatto di luce e oscurità, di spazi condivisi e spazi totalmente propri. All’interno di VOLUME! si vivrà questa stessa esperienza: la condivisione e l’attesa, e poi l’immersione in uno spazio in cui ci si possa sentire “a casa”, nel “luogo tranquillo” di cui parla Peter Handke (magari a conclusione di quella che, sempre lo scrittore austriaco, chiama “giornata riuscita”); uno spazio senza spazio, senza spigoli, una stanza piccola in cui, però, è possibile smarrirsi.
POV (You’re my leftovers and I am happy to see you) Catherine Biocca alla Fondazione Volume
La prima artista a confrontarsi con questo nuovo paradigma espositivo è Catherine Biocca che, con il suo intervento dal titolo “POV, You are my leftovers and I am happy to see you”, costruisce un ambiente complesso al fine di proporre una riflessione su questioni esistenziali nonché sul linguaggio o sull’uso della lingua.
VOLUME! diventa uno spazio in cui il riferimento al linguaggio – alla sua convenzionalità (ovvero a una sua artificiosa pulitura) e alla sua ambiguità – prende forma in diversi elementi che conducono all’incontro con una luce abbagliante, quasi ultraterrena, e con una domanda o, più correttamente, un consiglio o una richiesta, alla quale si fatica a dare una risposta.
Il lavoro di Biocca sembra ricordarci come la nostra capacità di schivare situazioni spiacevoli o di “rimettere a posto” qualcosa andato storto o non previsto ci mette solo apparentemente a riparo dal mondo esterno, da noi stessi e dalle domande che non osiamo farci. Sembra infatti chiedersi: cosa resta della nostra vita, della sua messa in scena, nonché dell’uso che abbiamo fatto della comunicazione? E cosa accade quando, improvvisamente, ci troviamo di fronte alla realtà o alle domande poste da chissà chi (forse un moderno oracolo) in maniera sibillina?
Catherine Biocca è nata a Roma nel 1984, dove si è laureata in Scienze Politiche nel 2006. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, dove ha ottenuto il suo BA e MA nel 2010 e 2013. Tra il 2014 e il 2015 è stata residente alla Rijksakademie Van Beeldende Kunsten di Amsterdam. Attualmente vive e lavora a Berlino e a Roma. Il suo lavoro è stato esposto in diverse mostre internazionali, come la terza Biennale di animazione di Shenzhen, Kunstverein Nürnberg e Kunstmuseum LOK St Gallen.