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Ugo Rondinone – nuns + monks

La materia trasfigurata.
Le recenti sculture nuns + monks di Ugo Rondinone si collocano di diritto nella prosecuzione di un racconto avviato dall’artista trentadue anni fa. Un racconto composto da capitoli che non smettono mai di interagire tra loro, e che tracciano un percorso fatto di domande intertestuali, di andate e ritorni, di sopravvivenze, spostamenti e reinvenzioni di forme e atteggiamenti, e di interrogativi che vengono costantemente rinegoziati. Questo racconto ha avuto origine nel 1988 con la scomparsa di Manfred Kirchner, a quel tempo partner di Ugo Rondinone, a causa di una malattia correlata all’AIDS.

“Nel mezzo della crisi causata dall’AIDS, ho voltato le spalle al mio dolore e ho trovato un barriera di protezione spirituale nella natura: un luogo di conforto, di rigenerazione e ispirazione. Quando entriamo nella natura accediamo a uno spazio dove sacro e profano, mistico e secolare, si riverberano l’un l’altro”. Le opere nate in quel momento, paesaggi dal sapore romantico dipinti a inchiostro su carta, sono state esposte per la prima volta al Kunstmuseum di Lucerna, poi in diverse altre occasioni, tra cui una mostra presso la galleria Walcheturm di Zurigo, rispettando sempre lo stesso vincolo: dovevano essere allestite in spazi segregati, ogni finestra doveva essere chiusa e inchiodata da assi di legno, così che gli ambienti risultassero “tagliati fuori dal mondo”, ripiegati verso l’interno. Da quel momento in poi, l’apertura sulla natura propria della veduta paesaggistica è stata controbilanciata da una sensazione di raccoglimento più incline all’introspezione. E una svolta spirituale verso l’interno si ritrova anche nell’autoritratto dell’artista (Heyday). Ispirato a Joris Karl Huysmans e al personaggio immaginario da lui creato, il solitario Jean des Esseintes, il lavoro è stato esposto in occasione della mostra Cry me a river, sempre a Zurigo, nel 1995. Riacquistando la sua funzione originaria, la finestra della galleria Walcheturm tornava in quella circostanza a essere visibile. Vi era stato montato sopra un doppio vetro lungo il quale correva un bordo marrone, che formava una cornice attraverso cui scrutare dall’esterno l’autoritratto dell’artista, raffigurato in un atteggiamento passivo. Il rapporto tra contenuto e contenitore, tra opera d’arte e spazio espositivo rispondeva quindi a un principio antagonistico ribaltato. Tuttavia, veniva infine raggiunto un equilibrio precario, di equivalenza, nel quale si sarebbe poi manifestato il contenuto spirituale espresso dall’artista attraverso i diversi capitoli del racconto intrapreso. Anche le sculture nuns + monks interpretano questa dialettica interno-esterno: si aprono verso il mondo, ma al contempo si ripiegano su loro stesse. Combinano uno sguardo introspettivo con un’esteriorità ricettiva nei confronti degli elementi della natura, di cui questi lavori conservano le tracce. Come un’impronta.

Le opere di Rondinone non hanno mai smesso di oscillare tra questi estremi, aggrovigliandoli, lasciandoli in sospeso. Dialetticamente… I nuns + monks possiedono una bellezza naturale. Una bellezza “arcaica”, che evoca altri gruppi scultorei dell’artista: Human Nature al Rockefeller Plaza (2013) e Seven Magic Mountains nel deserto del Nevada (2016). Manifestano la propria visibilità, ma allo stesso tempo sembrano eludere lo sguardo di coloro ai quali si mostrano. Le loro caratteristiche sono indefinibili. In quest’epoca di identità di genere multiple, queste presenze vengono spogliate di una caratterizzazione sessuale, anche se i loro titoli ci permettono di differenziarle. Senza dubbio sarebbe estremamente difficile distinguere le nuns dai monks sulla base al loro mero aspetto. Avvolte e protette nei loro mantelli, le loro figure, come anche l’autoritratto del 1995 e i clown e i nudi che gli hanno fatto seguito, sembrano assorte, in un predisposizione d’animo non dissimile da quella che Diderot attribuiva ai personaggi ritratti in alcuni dipinti di Chardin. Assorte nel pensiero di cosa? Di chi? Degli spettatori che gli gironzolano attorno? Dello spazio architettonico che fa da sfondo alla loro paradossale coreografia immobile? A meno che, com’è estremamente probabile, lo spazio in questione non sia mentale. Meditativo. Esse trascendono la materia che sembrerebbe determinare il loro peso. O meglio, piuttosto che trascesa, potremmo dire che in nuns + monks la materia è trasfigurata, e rivela una radiosità rafforzata dai contrasti cromatici, e un’armonia che è generata sia dalla giustapposizione delle diverse parti del corpo – la testa e il mantello – sia dai rapporti tra una scultura e l’altra, grazie alla loro perfetta concatenazione spaziale. Questo splendore evoca la statuaria medievale e assolve a un analogo scopo religioso e spirituale, cui l’artista è profondamente dedito. Va chiarito che la realizzazione di queste opere è stata alimentata da un assidua frequentazione del dipartimento di scultura medievale del Metropolitan Museum di New York, oltre che da un intenso e importante confronto con la serie dei Cardinali di Giacomo Manzù, opere che incarnano una specifica modernità, che è permeata da un classicismo che sfida il tempo e le categorizzazioni, e che corrisponde necessariamente agli interessi di Rondinone. In bilico tra la materialità e la sua negazione, le sculture nuns + monks generano un campo polarizzato, anfibologico. Realizzate in bronzo, esse nascono originariamente da modelli in pietra calcarea, le cui scansioni sono state “tridimensionalizzate” con strumenti digitali. Alla friabilità del calcare, si contrappone la solidità del bronzo. Alla qualità naturale e ancestrale della pietra, si contrappone l’attualità – il qui e ora – delle fusioni policrome. Ovviamente, come spesso accade nell’opera di Rondinone, è necessario cercare il significato – inevitabilmente instabile – insito nelle sue proposizioni all’interno della stessa compenetrazione di opposizioni e intervalli che le articolano. Nel gioco di equivalenze. Nell’apertura al mondo e alla natura, e nel ripiegamento intimo. Nella materia al contempo incarnata e disincarnata. E infine, grazie all’elevato coefficiente di spiritualità – così degno di nota di questi tempi e, per così dire, mancante nell’arte contemporanea -, nel principio anagogico che trascrive e accompagna il processo di trasfigurazione sotteso a queste sculture.

Categoria:
Scultura
Tag:
Ugo Rondinone

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