Chiara Bettazzi. Surplace
La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea inaugura la mostra Surplace, a cura di Saretto Cincinelli, che presenta per la prima volta sotto forma di unica e inedita installazione le opere fotografiche più recenti di Chiara Bettazzi.
Le 36 opere fotografiche esposte, provenienti dalle serie Still Life (2020), A tutti gli effetti (2021), Aste (2021) Equilibri precari. Elevazioni (2022), sono tutte accomunate da un punto di origine condiviso anche con la pratica installativa dell’artista, e rappresentato dai grandi agglomerati plastici ed eterogenei di oggetti e frammenti di oggetti d’affezione che trasportano con sé la memoria e le stratificazioni del vissuto.
Surplace – che fin dal titolo evoca una certa idea di immobilità, interruzione, sospensione – sovverte la logica interna alle singole serie fotografiche e le presenta come una costellazione che si dilata nello spazio della Galleria Nazionale e richiede a chi guarda di “armare” lo sguardo, affinché ciò che sembra una sola moltitudine possa rivelarsi nelle proprie infinite variazioni.
Lo spostamento del punto di vista segna alla radice tutto il progetto espositivo. Se le foto del ciclo Still Life si relazionano a un’idea di natura morta, quelle di A tutti gli effetti svelano la provvisorietà di un set in attesa di essere inquadrato. Nel ciclo Aste, le fotografie si trasformano in vaghi trofei “surrealisti”, sospesi nel nulla e decontestualizzati, lontani ormai dall’idea del genere pittorico di partenza, mentre Equilibri precari. Elevazioni reintroduce la presenza dell’artista, mettendo in luce l’elemento performativo insito in ogni natura morta, dove gli oggetti sono accuratamente predisposti dall’artista secondo precise regole compositive.
L’ars combinatoria di Chiara Bettazzi in Surplace si materializza in una nuova e sempre provvisoria tipologia di natura morta che di volta in volta lambisce il genere, rimando con esso ma senza mai veramente incarnarlo. Il genere pittorico di riferimento non giunge mai a vuotarsi ma si mantiene aperto a nuove possibilità mentre viene rivelato il processo all’origine di ogni scatto, cosa che rende le opere installazioni bidimensionali.
L’intera esposizione si offre quindi come una stratigrafia diacronica dell’opera, una sorta di deleuziana immagine-cristallo che riflette, come uno specchio “dotato di memoria”, una serie di visioni che alludono, in absentia, anche alle virtuali composizioni che precedono e succedono quelle delle singole immagini esposte in mostra.
Configurandosi come una specie di rete in divenire, le cui connessioni non cessano mai di rinnovarsi, la serialità costitutiva di questo “mosaico” di foto mira a trasformare la mostra in una sorta di film immobile, dove le tracce della sequenza precedente anticipano quella futura.
Sospesa in uno stato di passaggio, Surplace libera e nello stesso tempo àncora l’evento del movimento all’imminenza del suo accadere.