Frank Cancian – Un paese del Mezzogiorno italiano, Lacedonia – 1957
A Roma per la prima volta una significativa selezione delle immagini in bianco e nero, scattate a Lacedonia (Avellino) nel 1957 da Frank Cancian, noto antropologo americano, figlio di genitori italiani, che ha alternato la sua professione di scienziato sociale con la passione per la fotografia.
Le immagini raccontano, con straordinario vigore, la realtà sociale e culturale del paese nel 1957, anno del soggiorno in Italia del giovane studioso all’epoca poco più che ventenne, borsista Fulbright. Accompagna l’esposizione un volume realizzato in edizione italiana e inglese da Postcart per la cura di Francesco Faeta “Un paese del Mezzogiorno italiano. Lacedonia (1957) nelle fotografie di Frank Cancian – A Town in Southern Italy. Lacedonia (1957) in Frank Cancian’s photographs”.
Sono un fotografo documentarista, con un punto di vista. Preferisco le cose ordinarie, cose che non sono ufficialmente importanti. Durante la registrazione del mondo quotidiano cerco spesso l’esotico in situazioni ordinarie e l’ordinario in ciò che molte persone vedono come esotico. La mia passione per la fotografia è iniziata da adolescente alla fine degli anni Quaranta. Negli anni successivi [però] il mio lavoro come professore di antropologia socioculturale ha spesso finito per prendere il posto della fotografia per mesi, a volte per anni.
Frank Cancian
Il lavoro di ricerca di Cancian in Italia s’inseriva in un vasto e complesso movimento di studio della parte meridionale e insulare della Penisola, condotto dall’immediato dopoguerra agli anni Sessanta (e oltre) da numerosissimi studiosi di scienze sociali, italiani e stranieri; e tra questi ultimi, particolarmente, americani.
Il caso di Cancian appare di estremo interesse perché, a partire dall’esperienza italiana, lo studioso si è andato qualificando sempre più, nel corso della sua carriera, oltre che come antropologo, come fotografo e cineasta, realizzando immagini relative ai suoi terreni di ricerca, soprattutto in America Latina e particolarmente in Messico, sede elettiva del suo impegno scientifico maturo. Cancian, fu indirizzato verso il Sud italiano, e verso Lacedonia, da Tullio Tentori, che il giovane studioso andò a trovare, avendo avuto notizia delle sue relazioni con il mondo scientifico statunitense, presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, all’EUR, di cui era, all’epoca, direttore. Tentori, forte anche della sua esperienza sul terreno accanto a Friedmann nella assai nota inchiesta su Matera, si adoperò in modo fattivo nel senso di comprendere le ragioni degli studiosi stranieri che venivano nel nostro Paese e di facilitare i contatti e gli scambi.
La permanenza e la ricerca di Cancian a Lacedonia s’inserisce in quel processo di attenzione al nostro Paese che, sulla scorta dell’arretratezza sociale, del bisogno di sperimentare ipotesi riformistiche, dei vorticosi processi di trasformazione e di insubordinazione, dell’iconica rappresentazione neorealistica, appariva diffusa nella comunità internazionale degli studiosi.
Giunto a Lacedonia Cancian, accanto al suo impegno di studio, iniziò a fotografare sistematicamente la vita culturale e sociale locale, lasciandocene un ritratto etnografico di grande pregnanza e nitore, realizzando un’inchiesta di comunità che mostra un piglio critico assai definito e che appare caratterizzata da una profonda empatia per il luogo e i suoi abitanti. Del paese viene tracciato un ritratto a tutto tondo, con attenzione alle dinamiche degli spazi sociali (pubblici e privati), alle relazioni interpersonali, ai modelli di comportamento, all’ambiente paesano e al paesaggio agrario, alle abitazioni, alla scuola e al lavoro, alle occasioni rituali e festive; ai singoli attori sociali infine, descritti con straordinaria capacità introspettiva.
La descrizione fotografica di Cancian, saldamente ancorata alle ragioni della fotografia sociale americana, nitida e rigorosa nel suo realismo critico, si apre in direzioni sperimentali per l’epoca pionieristiche, con un uso frequente della sequenza spazio-temporale, dei dittici e dei ritratti in più fotogrammi; con una frequente e consapevole intrusione dell’autore nel campo stesso della rappresentazione.
Le fotografie realizzate a Lacedonia furono 1801, tutte formato Leica e in bianco e nero, e sono state recentemente donate dall’antropologo al MAVI Museo Antropologico visivo di Lacedonia (AV)
La presente scelta antologica, curata da Francesco Faeta, in stretta collaborazione con gli studiosi, i ricercatori e i tecnici del MuCiv e dell’ICPI, accompagnata dal volume edito per i tipi di Postcart in Roma (2020), con edizioni italiana e inglese, è la prima realizzata in sede nazionale e internazionale.