Quello che non ricordi, diventi
White Noise Gallery – Quello che non ricordi diventi.
È il celebre romanzo di Ernest Hemingway “Fiesta Mobile” ad aver reso popolare il termine Generazione perduta.
La definizione –da attribuire a Gertrude Stein- è utilizzata per riferirsi agli anni ’20 del 1900 e ai giovani diventati adulti durante la Prima Guerra Mondiale, rimasti privi di punti di riferimento e senza nessuna direzione. Cresciuti a cavallo del cambio di secolo e incapaci di continuare a orientarsi utilizzando i principi del mondo prebellico, questi giovani alla deriva sono vissuti nella nostalgia dell’ultimo decennio del 1800, un periodo romanticizzato di apparente frivolezza e benessere. Questo ricordo fittizio, del resto neanche la fine del XIX secolo è stata poi così serena, arriva ad assumere una sua identità: li chiamano i Gay Ninetes negli Stati Uniti, i Naughty Ninetes in Gran Bretagna ed in parte anche la Belle Époque racchiude in sé questo senso di spensieratezza.
Questa generazione sembra essere accomunata dalla tendenza a ritardare i normali riti di passaggio verso l’età adulta, dall’aver vissuto l’esplosione di internet e, curiosamente, dall’amore per gli anni ’90.
Il ciclico ritorno delle decadi non è certo una novità ma ciò che rende degno di nota il ritorno di questo decennio è la rapidità con cui è avvenuto. Giovani adulti malinconici ne santificano il corpo ancora vivo, sostenuti da schiere di adolescenti che sognano un decennio fantastico che non hanno neanche mai potuto vivere, eppure da cui sono ossessionati.
Oggi si assiste alla glorificazione maniacale di un periodo che ancora non si ha avuto il tempo di ricordare, un decennio che sembra non voler morire e la cui euforia ha lasciato il posto alla più totale disillusione.
I millennials, i nati fra il 1981 e il 1996, se paragonati alle generazioni precedenti risultano essere meno pronti a sposarsi, ad avere figli, ad adottare un credo religioso; hanno un livello di istruzione superiore ma vivono un tasso di disoccupazione crescente. Più in generale, le strutture tradizionali – la politica, la famiglia, la religione, la carriera – sembrano essersi sgretolate per lasciare il posto a un diffuso senso di solitudine, spaesamento e sfiducia nei confronti del sistema.
Come per gli anni ’90 della Generazione perduta, i moderni anni ’90 sembrano rappresentare l’ultimo momento di felicità di questa generazione in perenne attesa.
Aspettare in fila il proprio turno sembra essere un requisito fondamentale, ma si tratta in realtà di un esercizio vuoto, il proprio momento in realtà non arriva mai.
Gli artisti del resto ne rappresentano i due estremi, collocandosi il primo fra quelli che hanno vissuto in pieno l’epoca e l’altro fra le schiere di chi la può solo vagamente rievocare.
La sala è tappezzata di manifesti (Orphans of great promises) che rappresentano un pastiche di ciò che di quegli anni si cerca di conservare, una libertà luccicante e piena di vita, spesso vuota sotto tutto quello splendore. Il lavoro è una sovrapposizione caotica di ritagli fotografici presi da più fonti. Il collage digitale evoca le locandine delle discoteche e dei nightclub omosessuali, mentre il titolo esalta malinconicamente la disillusione verso il futuro.
Una luce fredda, quattro Goleador alla frutta, del gel per capelli e due ciondoli in metallo costituiscono l’installazione Un saluto a chi c’è stato e un saluto a chi è tornato. Il titolo ricorda le frasi dei vocalist nelle discoteche italiane dell’epoca, mentre i diversi elementi rievocano passati riti giovanili; si tratta di oggetti banali, diventati oggi il feticcio di adolescenti incapaci di creare nuovi codici e delle proprie mitologie.
Anche queste immagini si collocano in una duplice temporalità e si aprono ad interpretazioni contrastanti. Sono figure che si potrebbero trovare all’interno di riviste di moda lontane trent’anni, così come osservare in fila fuori dallo stesso locale in due epoche diverse. Ciò che risulta più straniante è come queste persone non siano mai cambiate, sono rimaste le stesse invecchiando senza trovare un nuovo posto. Si sono solo aggiunti personaggi, che hanno adottato lo stesso costume che è andato così perdendo sempre più di senso fino a diventare solo una maschera.
Quello che non ricordi diventi